Amori e Rivoluzione. Couverture et préface.
Préface de Gianpiero Bottinelli.
Amori e Rivoluzione. Ricordi di un miliziano in Spagna (1936-1939), di Antoine Gimenez.
pp. 256, Fr. 25.- / € 16.50. ISBN 88-88992-17-0. ISBN 13 978-88-88992-17-4.
Prefazione
17 luglio 1936 : il colpo di Stato - guidato da quattro generali, tra i quali Francisco Franco - dal Marocco spagnolo giunge in Spagna.
18 luglio : il Governo repubblicano cerca di patteggiare con i golpisti, si rifiuta di distribuire le armi : crolla, scompare.
19 luglio : sciopero generale proclamato dalla CNT e dalla UGT, con scontri cruenti con i falangisti in tutte le città : le caserme sono assalite, le armi sono distribuite al popolo.
20 luglio : il pronunciamiento - è il golpe militare dai valori “nazionalcattolici” - vince nel Marocco, nelle Canarie, in parte dell’Andalusia e della Galizia, a Saragozza nell’Aragona, a Oviedo nelle Asturie, ma fallisce nelle città più importanti e nei tre quarti del paese.
23 luglio : formazione del Comitato centrale delle milizie antifasciste a Barcellona.
24 luglio : partono da Barcellona i primi miliziani in direzione di Saragozza : la Colonna Durruti con 2’500 volontari/ie e la Colonna Roja y Negra.
25 luglio : inizia la collettivizzazione spontanea (cioè senza aspettare ordini) dei trasporti urbani, dei treni, delle industrie, della distribuzione e degli approvvigionamenti, delle terre.
25-26 luglio : partono al fronte altre colonne anarchiche, come la Ascaso, poi socialiste, comuniste e poumiste.
È scoppiata la guerra civile, e nel contempo una rivoluzione.
La testimonianza di Antoine Gimenez, inizia proprio qui, in questo caldo e focoso mese d’estate. Dai primi di luglio bracciante in un’azienda agricola, viene a conoscenza delle agitazioni a Lérida e incuriosito vi partecipa. Poco dopo, sale sull’ultimo convoglio della Colonna Durruti. Forse una nuova avventura ? Ma chi è Gimenez ? Spagnolo, Francese ? Da dove spunta ? Dal passaporto esibito a due falangisti nei sobborghi di Lérida risulta cittadino italiano, così come dalla tessera sindacale della Confederación Nacional del Trabajo (CNT), presentata ai nuovi compagni d’armi su un autocarro diretto al fronte.
In realtà Antoine Gimenez nasce a Chianni (Pisa) nel 1910 col nome di Bruno Salvadori.
Ha sei o sette anni quando la sua famiglia si trasferisce a Livorno. Una famiglia particolare, forse come tante altre.
Ironicamente, in Enfance, breve scritto ritrovato dal nipote Frédéric, accenna tra l’altro a due avi : un bisnonno prete getta alle ortiche la tonaca, alleggerisce la cassa della parrocchia e diventa padre di una decina di figli ; un nonno, proprietario terriero, scialacqua la sua fortuna al gioco e a donne. Poche notizie sui genitori, il padre operaio lavora lontano e sembra poco presente nella vita della moglie e dei tre figli.
L’apprendistato di ribelle arriva ben presto : da ragazzino con gli anarchici locali si scontra con i fascisti, e riceve delle manganellate : « [...] quando ripresi conoscenza ero steso su un letto da campo. Due donne mi osservavano sorridendo. Quella che sembrava più anziana mi abbracciò dicendo : “Ci hai fatto paura !” Avevo un orribile mal di testa e la mia spalla sinistra era stretta in un’armatura di bende. Poco dopo entrò un signore di una certa età, con una barbetta. Lo guardai sorpreso. Era Errico Malatesta. Malatesta, l’apostolo dell’Anarchia » (tratto da Enfance).
Poi, alla morte della madre, appena diciottenne emigra in Francia. Sopravvive da vagabondo, da ladro, in Spagna vende il passaporto e contrabbanda opuscoli anarchici, è schedato come sovversivo dalla polizia fascista italiana. Un periodo intercalato da arresti, carcerazioni e espulsioni dalla Francia, dalla Spagna.
In seguito, grazie a un anarchico italiano, riesce ad ottenere una nuova identità e nel luglio 1936 può rientrare più tranquillamente in Spagna. Ormai si chiama Antoine Gimenez, cittadino italiano. Partecipa ai primi combattimenti contro i falangisti, si arruola nella Durruti.
« Nel 1936 ero quello che oggi è convenuto definire un emarginato : qualcuno che vive ai margini della società e del codice penale. Credevo di essere un anarchico. In realtà ero solo un ribelle. La mia azione di militante si limitava a far passare la frontiera [spagnola] a certi opuscoli stampati in Francia e in Belgio, senza cercare mai di sapere come ricostruire una nuova società. Mi preoccupavo solo di vivere e di demolire la struttura esistente. A Pina de Ebro, vedendo organizzare le collettività, ascoltando le conferenze di certi compagni, partecipando alle discussioni degli amici, la mia coscienza, addormentata dopo la partenza dall’Italia, si risvegliò. »
Pochi giorni dopo, proprio a Pina de Ebro, diventa miliziano del Gruppo Internazionale della Colonna Durruti, formato da volontari provenienti da ogni angolo dell’Europa : inizialmente soprattutto francesi e italiani, poi giungono spagnoli, tedeschi, svizzeri, svedesi, russi, bulgari, algerini, cubani...
Non sono assolutamente santi, martiri o super eroi questi 250 miliziani che animano il Gruppo Internazionale, neppure l’autore. Compongono una massa eterogenea : alcuni sembrano aver vissuto in precedenza da circensi, vagabondi, avventurieri, soldati o ufficiali in altre guerre, altri da militanti anarchici, sindacalisti, “giustizieri”, pacifisti, filosofi, cineasti, critici d’arte...
Eccone alcuni : Berthomieu, un ufficiale dell’esercito coloniale francese « fuggito prima del tempo stabilito, avvezzo a tutti gli stratagemmi della guerriglia », poi dimorante tra i gitani di Barcellona ; Ridel e Carpentier militanti eterodossi dell’Union anarchiste di Parigi e cofondatori del Gruppo Internazionale ; Simone Weil una filosofa “sindacalista”, miope, che si brucia il piede con una pentola d’olio bollente tanto da dover essere ricoverata immediatamente nei pressi di Barcellona ; Affinenghi, « alto un metro e ottanta, le spalle larghe, come un bue ; coraggioso ? me lo domando ancora oggi se si può sostenere coraggiosa una persona senza la consapevolezza del pericolo » ; Scolari, un “partigiano della non violenza” ; non mancano il focoso anticlericale spagnolo La Calle e le miliziane-infermiere come Marthe, Madeleine e Augusta ; Mimosa pure infermiera era un’attrice di teatro/cabaret e propagandista anarchica francese ; la spagnola Rosario esperta di tank e di cannoni ; Pablo, un ufficiale italiano “fascista dissidente” ; tra gli svizzeri, Ritter avrà non poche noie con gli stalinisti in Spagna e in patria, mentre Jacques il cineasta, filma pure l’assalto dei comunisti alla Telefónica di Barcellona difesa dagli anarchici ; il sardo-torinese Lorenzo Giua è un dissidente di Giustizia e Libertà ; Francisco Ferrer (nipote del fondatore di scuole laiche/razionaliste spagnole nel primo decennio del Novecento) al fronte con la sua compagna Giuditta Simonetti, verrà fucilato dai comunisti ; Carl Einstein, sceneggiatore e critico d’arte ; Cottin ha cercato di uccidere il “Tigre” - Georges Clemenceau, uomo politico francese conosciuto per la sua ferocia nei confronti del sindacalismo rivoluzionario e dell’estrema sinistra - ma per sua fortuna è dichiarato “deficiente” dal tribunale...
All’esterno del Gruppo Internazionale, la tía , La Madre - diventata per Gimenez la sostituta della figura materna - che « vegliava per aspettare questo figlio venuto da nessuna parte, questo ragazzo senza patria, senza famiglia, senza un soldo » ; Buenaventura Durruti uno dei rari capi colonna non graduato... in vita ; Camillo Berneri, l’anarchico italiano espulso da mezza Europa, commissario politico della Colonna Italiana della Ascaso, assassinato dagli stalinisti nel maggio 1937 ; María Ascaso, sorella di Francisco e di Domingo, delegata di una commissione incaricata di convincere i numerosi recalcitranti al fronte dei benefici della militarizzazione in atto dall’autunno 1936...
Per l’autore questa guerra, questa rivoluzione significano « uomini di fronte ad altri uomini, gli uni difendendo principi, idee, fedi vecchie di oltre duemila anni, gli altri combattenti contro l’ignoranza, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, al fine di annullare i privilegi di classe, affinché la giustizia, la libertà, l’uguaglianza, l’Amore regnino finalmente sull’intera umanità. Chi aveva ragione ? I difensori del passato ? O coloro che si battevano per il futuro ? I combattenti del presente o dell’avvenire ? »
Soffermandosi sulle forti passioni, emozioni, e quindi su valori, esprime anche i contrastanti sentimenti di fronte alla guerra, alla violenza, al sangue, alla morte, come la paura, il panico, l’angoscia, la sofferenza, ma anche l’inutilità, l’indifferenza, l’anestesia o l’estraniazione : « Ci siamo precipitati alle feritoie. Credevo di impazzire, chiusi gli occhi e sentii lo stomaco balzarmi in gola. Avevo voglia di vomitare. Là, nella polvere, giacevano due corpi, insanguinati, il ventre aperto, le viscere uscivano dalla ferita beante e si spargevano al suolo. Erano nude, vivevano ancora [...]. Tre o quattro [feriti gravi] che avevano serbato l’arma, si tolsero la vita. Gli altri furono finiti dal coltello di Cartagena. Osservavo tutto ciò come se non mi riguardasse, come uno spettatore indifferente di una tragedia assurda, che si svolgeva fuori dal tempo... dove c’era un attore che mi assomigliava come un fratello [...] Non ragionavo più ; ero come in un sogno dove ci si vede agire da spettatore di se stesso. »
Nel novembre 1936 inizia la militarizzazione delle colonne, alla quale resisteranno per alcuni mesi anche numerosi miliziani della Durruti (circa 600-800 volontari lasciano la colonna) : “miliziani sì, soldati no”.
« Questa trasformazione fu accolta negativamente, particolarmente nel Gruppo Internazionale, tanto che da Barcellona ci mandarono una commissione di militanti al fine di convincerci ad accettare, almeno in apparenza e sulla carta, questa nuova situazione. » Infatti, le colonne opposte alla militarizzazione non ricevono né armi, né munizioni : perché ? È entrata in campo l’Unione Sovietica con materiale bellico e tecnici che può, tramite il Partito comunista spagnolo, controllare l’esercito e le Brigate Internazionali appena costituite. Come contropartita l’URSS ottiene i tre quarti del deposito d’oro della Banca nazionale.
Sempre in novembre la CNT/FAI - senza notevoli opposizioni interne - decide di partecipare al governo centrale con quattro ministri (anche se per soli 6 mesi) : « per me, questa partecipazione al governo, fosse pure di coalizione, era un tradimento [...]. Noi dovevamo, pur prestando la collaborazione all’impegno della guerra, rimanere indipendenti. »
Effettivamente, la CNT non riceverà nulla in cambio della sua integrazione nel sistema statuale : nessun apporto maggiore di armi, di comandi militari, di crediti. Forse aiuterà, suo malgrado, a spegnere la rivoluzione...
Nell’aprile-maggio 1937 Gimenez è a Barcellona, incaricato di reclutare volontari per il Gruppo Internazionale. È sfiduciato, scoraggiato, disgustato dall’assalto stalinista alla Telefónica controllata dagli anarchici, dalle centinaia di morti e feriti, ed infine dal « patetico appello di García Oliver e di Federica Montseny con la richiesta ai libertari della CNT di interrompere il conflitto. »
Il 17 maggio 1937 nasce un nuovo governo repubblicano - un “vero Stato” secondo il Partito comunista spagnolo - dal quale sono esclusi anarchici e sindacati. Per Gimenez la controrivoluzione ha vinto : il governo Negrín liquida il Consiglio d’Aragona e, ovviamente, le collettivizzazioni non vengono risparmiate dalle Divisioni militari comandate dai comunisti che restituiscono le terre ai vecchi proprietari.
Tuttavia, molte riusciranno - non appena i militari partono - a ricostituirsi fino all’occupazione franchista. Inoltre il Servicio de información militar diventa una cricca segreta che dirige prigioni e campi di concentramento, colmi anche di anarchici della base e di poumisti (il POUM è messo fuori legge).
Affranto, amareggiato, avvilito, Gimenez vuole dimenticare le speranze deluse, la rivoluzione troncata. Infine, sollecitato da due vecchi amici francesi, decide di ripartire. Ma senza illusioni. Infatti, rimane solo la guerra, « La guerra tra due forme di schiavitù. »
Resta al fronte fino all’ottobre del 1938, quando i volontari stranieri vengono smobilitati. I suoi ricordi - scritti in francese tra il 1974-1976 - terminano raccontando l’esodo catalano in Francia del febbraio 1939.
Infine, un altro aspetto, e non affatto secondario.
Oltre agli avvenimenti dei suoi due anni e mezzo di guerra, Gimenez si sofferma sui numerosi cambiamenti della quotidianità, di mentalità, di costume, di emancipazione della donna, in parte promossi dalla rivoluzione e dalla guerra. Una rottura con il sistema patriarcale, una vera rivoluzione, certo, in cui contadine ed operaie si impongono a livello decisionale nelle collettività autogestite delle terre e delle fabbriche, all’interno della CNT e delle Gioventù libertarie e nelle Mujeres Libres. Molte partecipano come miliziane al fronte.
E in questo ambito l’autore non tace, non vuole omettere gli affetti, gli amori, l’erotismo, dimostrando che la vita e la lotta sono inseparabili dal desiderio e dalla passione.
Nella memorialistica sulle guerre e le rivoluzioni, queste tematiche sono appena sfiorate, mai affrontate. Anzi, sembrano dimenticate, rimosse, comunque bandite, censurate, quasi fossero obbrobri da nascondere, come se i miliziani anarchici, socialisti, comunisti, repubblicani, donne e uomini in terra di Spagna, volessero essere rappresentati come puritani fondamentalisti, votati per tre anni alla castità.
A causa del machismo imperante anche tra i libertari ? O forse, più nel profondo, un voler disperatamente separare Marte da Venere ?
Quarant’anni dopo, alla fine degli anni Settanta, sia per le “scene d’amore”, sia per la chiara accusa nei confronti delle scelte antirivoluzionarie del Partito comunista, sia per il suicidio del movimento libertario nella Rivoluzione spagnola, l’ex guerrigliero - ma sempre anarchico e difensore del “libero amore” - non troverà nessun editore.
Bisognerà aspettare la sua morte e l’inizio del nuovo millennio, quando i Souvenirs, soprattutto grazie a un gruppo di libertari francesi - poi denominatisi “Les Giménologues” - saranno finalmente pubblicati nell’originale francese, tradotti in castigliano, ora in italiano.
Gianpiero Bottinelli